INNAFFIARE LA PROPRIA PIANTA: LEADERSHIP AUTENTICA

Il mare non fa mai doni se non duri colpi e qualche volta un’occasione di sentirsi forti, ora io non so molto del mare ma so che qui è così e quanto importi nella vita non già di essere forti ma di sentirsi forti, di essersi misurati almeno una volta, di essersi trovati almeno una volta nella condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda senza altri aiuti che le proprie mani e la propria testa.

 

Carissimi, ben rientrati alla base.
Come molti di voi mi dicono, le mie sollecitazioni non sono mai banali.
Devo confermare che è proprio vero. E’ nel mio purpose essere in risonanza e all’ascolto con i nostri bisogni umani e averne accuratezza. La parola accuratezza mi piace davvero molto, mi rappresenta.

Avere cura, avere a cuore, portare nel cuore.

Quando è così, ciò che nasce da dentro è un istinto naturale. Non ci si stanca mai di essere curiosi, ricercatori ed esploratori.

Mi sono sentita fortemente ingaggiata dallo speech di Brenè Brown quando nel 2012 ha parlato della Vulnerabilità e Vergogna.

Anch’io a volte mi chiedo: “Ma interesserà a qualcuno ciò che io vado a cercare?”

Come a dire in altro modo “sei sicura che quello che per te è così importante riesca ad entusiasmare, interessare o almeno essere utile anche ad altri?” Poi una forza della natura insorge da dentro e trovo il coraggio di “dare voce”.

Innaffia la tua pianta!!

Dare voce a ciò che nasce dentro di noi dovrebbe essere un bisogno, una spinta a manifestarsi in quanto prima di sentirsi ascoltati e riconosciuti dagli altri è fondamentale essere ascoltati e riconosciuti da noi stessi.
Innaffiare la propria pianta, farla crescere, dargli forma, averne cura.

Trovare la forza e il coraggio di essere unici, stare in bilico, sentirsi nel rischio, vulnerabili. Ed è da questa forma di vulnerabilità costitutiva che ci individuiamo.
Ci possiamo noi vedere.
Ci possono loro vedere.

Possono accorgersi del nostro talento, del nostro esistere.

Innaffia la tua pianta!!

Come scrive il regista del meraviglioso capolavoro “Into the Wild” la vera questione non è essere forti ad ogni costo, tutti di un pezzo, baluardi nella quotidianità ma sentirsi forti, quella forza che nasce dall’esperienza e dalla consapevolezza di essere stati almeno una volta “soli davanti alla pietra cieca e sorda, senza altri aiuti che le proprie mani e la propria testa”.

Questa frase dice tutto.

Possiamo aver raggiunto i più alti livelli professionali, innumerevoli promozioni e soddisfazioni, essere genitori premurosi o brava gente ma se non sappiamo stare “soli davanti alla pietra cieca e sorda, senza altri aiuti che le proprie mani e la propria testa” nulla di tutto ciò ci può salvare.

Queste parole scavano dentro e meno male. Scavano per destarci dalle nostre sicurezze, convinzioni e scorciatoie. Essere nel Presente (Mindfulness) significa sentire cosa ci succede, dentro e fuori noi stessi, nell’anima e nel corpo quando ci lasciamo attraversare da queste parole.

Ho constatato io per prima cosa stia muovendo di ancestrale questo lungo periodo di contraddizioni, quanta stanchezza abbia prodotto nell’attraversare i molti tunnel del Viaggio. Ecco che accettare diventa la salvezza.
Accettare non significa subire o affievolire l’impatto. Accettare significa entrare nei giochi di ciò che esiste, ci ha colto di sorpresa, di cui vorremmo fare volentieri a meno.
E accettando uniamo a noi l’esperienza inedita grazie alla quali sentirci più forti e più saggi.

Tu che relazione hai con questo lungo e lento ri-sorgere?
Come ti vedi affrontarlo? E cosa stai accettando?

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