TRA RESILIENZA E PASSIVITA’

In questo blog questo mese ho voluto dare spazio ad una provocazione.

Tutto corre. Tutto… senza me.

E io dove sono?

Spesso si sente parlare dell’esigenza di adattarsi al sistema nel quale siamo inseriti e da più parti ci viene posto che adattarsi, essere adattabili, fluire, lasciar scorrere siano tutti sinonimi di saper stare con il sistema.
Un pò come dire: “fattene una ragione”.
A me sembra di vedere tanta sofferenza.

Certo è molto accattivante immaginarsi un pò come Alice quando cade nel tunnel e si lascia andare liberamente, con curiosità e sorpresa. Di fatto, più che di un lasciarsi andare mi sembra di assistere ad un lasciarsi manovrare, lasciarsi portare da una corrente di cui non si conosce la direzione.

E’ diverso correre verso una direzione piuttosto che ritrovarsi da qualche parte. Ritrovarsi senza nemmeno aver partecipato attivamente al viaggio. Quando questo diventa uno stile, spesso inconsapevole, la cosa si fa seria.

Cerchiamo di fare un pò di chiarezza.

Il nostro quotidiano è molto sfidante.

Si pone come una piattaforma già impostata: una serie di appuntamenti, proposte, eventi, incastri, opportunità alla cui regia c’è un risponditore automatico. Ci sono bottoni da premere man mano che termina un’attività e ne inizia una nuova.
Tutto questo nel nostro sonno più profondo. Tutto si muove indisturbato e mai ci porremmo con un interrogativo. Tutto è già programmato.

Dal mattino alla sera siamo organizzati per rispondere al nostro piano perfetto. Abbiamo un’agenda strutturata dal mattino alla sera, schedulata tra appuntamenti e attività in modo da poter essere fedeli a tutto quanto previsto. Inizia la fase “devo” perché se è stato tutto perfettamente organizzato a monte, ora “devo” soltanto agire.
Meno una, meno due, meno tre e così via.

Inizia il percorso del “meno”, a scalare. Tante spunte corrispondono alla nostra efficienza con la quale dobbiamo fare i conti.
Ci fa da mezzo di spostamento, tra un impegno e l’altro la nostra autovettura che viene letteralmente lanciata a percorrere tutte le strade di connessione tra un luogo e l’altro.

E fin che guidiamo, rispondiamo al telefono, mandiamo messaggi, intratteniamo conversazioni. Nei diversi slot della giornata cambiamo abito, cambiamo atteggiamento, cambiamo scenario di riferimento imperterriti e diligenti nel portare a termine ogni nostro impegno.
Se si libera qualcosa, magari ci succede un “imprevisto” eccoci pronti a ristabilire l’agenda. L’importante è riempire l’agenda. Perché purtroppo tutto non si può fare e da fare….ce ne sarebbe ancora tanto.

E al termine di tutto siamo “finalmente” esausti.

Ma la cosa terribile è che attribuiamo il nostro essere esausti al “sistema”. Quando rilevo che la maggior parte delle persone attribuiscono la responsabilità di uno stile di vita al “sistema” mi chiedo dove sia rimasta la nostra capacità volitiva.

Ho la netta impressione che si stia confondendo la capacità di adattarsi alle condizioni non controllabili della quotidianità con il disimpegno e la deresponsabilizzazione nell’essere al timone delle proprie scelte.
Resilienza non è passività.

Resilienza è partecipazione attiva all’evento inatteso, inaspettato.
Resilienza è unirsi all’esperienza beneficiando di tutte le risorse personali a nostra disposizione: accettazione, creatività, negoziazione, fiducia, audacia, inventiva, ottimismo.

 

Resilienza è attraversamento e piena presenza, energia rivolta a mantenere attenzione e focalizzazione a seguire una direzione inaspettata e insolita per noi.

 

Resilienza è stare con ciò che è richiesto facendo sintesi di tutto ciò che non serve.
Resilienza è un tempo.

Credo sia importante imparare ad osservare il nostro quotidiano, come vi rispondiamo, come lo interpretiamo, che storie ci raccontiamo e sopratutto cosa viviamo e come ci lascia.

Quando ci sentiamo alienati, esausti, senza energia vitale, disturbati a livello generale, instabili e irritabili il lavoro da fare è nella scelta.
Nella SCELTA di cosa è davvero importante per essere pienamente presenti alla nostra VITA sapendoci adattare nell’attraversare quei momenti che non abbiamo scelto consapevolmente e che incontriamo cammin facendo.

Lasciarsi andare è lasciare che sia fiduciosi del “perché” di fondo.
Ben diverso di lasciarsi manovrare dalla nostra stessa passività.

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